domenica 21 febbraio 2010

Effetti termali: Mariagrazia si converte a kairos! Tu che fai?

da Mariagrazia Fagioli,

Cari amici delle Terme,

Il tempo “proprio” (kairos) e il tempo del mondo, dell’altro (kronos): il tempo del mondo (kronos) serve da bussola, indica il nord. Non possiamo farne a meno: sappiamo che è lì, è un riferimento imprescindibile. Ma è quando scegliamo di esplorare le nostre proprie rotte del tempo che diamo senso e pienezza al vivere: sappiamo che quello è il nord, non lo perdiamo di vista, teniamo una bussola funzionante con la quale confrontarci. Ma è proprio in questo spazio “tra” un tempo e l’altro che ci siamo noi, che si esprime la nostra autenticità; senza appiattirci su chronos, in una dimensione compiacente che sentiamo però priva di senso, e senza vivere completamente “come se” kronos non esistesse (che darebbe origine ad una dimensione talmente privata da non poter essere condivisa con altri).
L’idea di occuparmi del tempo mi è venuta all’improvviso, parlando con un collega del mio “non scrivere” la tesi di diploma.

Che cosa poteva avere a che fare questa modalità con me? Che cosa diceva, che cosa segnalava? Sono partita dal sentire come stavo io in questo tempo, come sentivo di occuparlo. Le sensazioni che vi erano legate erano buone sensazioni: sentivo di occupare questo tempo, non di sprecare tempo. E allora ho pensato a che cosa volesse dire questo nel mio percorso analitico prima, e di formazione psicoterapeutica poi; in questi anni mi sono spesso confrontata con la mia tendenza a vivere la dimensione del tempo innanzitutto come kronos: sono sempre arrivata “presto” a tagliare i traguardi; il diploma, la laurea alla prima sessione disponibile, l’esame di stato, il primo lavoro fisso, l’inizio della scuola di specialità, persino l’inizio dell’analisi: sempre al tempo degli altri, quando si dovevano fare queste cose, quando “era previsto”, in una dimensione compiacente rispetto al tempo degli altri, che tanto mi dava come ri-conoscimento del mondo quanto mi toglieva come senso e significato personale delle esperienze. E anche, in un certo senso, come piacere di queste esperienze. Il tempo del piacere non appartiene a kronos, il tempo del piacere richiama kairos. Così, allo stesso modo, il tempo del dolore.

E forse non è un caso che il desiderio di occuparmi del tema del tempo arrivi dopo due importanti separazioni avvenute nella mia vita: una scelta – come è quando finisce una lunga e importante storia d’amore – l’altra imposta – come è quando la malattia si porta via qualcuno che ti è caro. La separazione ti mette davanti al senso del limite, del tempo che passa, ti fa entrare nel tempo se accetti di nascere diverso ogni volta che ti separi da qualcuno – proprio come quando vieni al mondo per la prima volta.
Così, anche, questo discorso richiama il modo che il paziente in psicoterapia ha di confrontarsi con il tempo; il narcisismo, le dipendenze, il sè fragile si portano dietro una loro impossibilità di vivere “nel tempo”, nel qui ed ora, rimangono sempre “fuori”.

Il nostro sistema culturale si fonda sulle idee-mito della tecnica e dell’economia (che della tecnica assume i principi). Queste idee mito si fondano sulla proposta di una continua crescita e ne assumono i connotati: il tempo è il futuro – non il presente – e l’obiettivo è crescere, aggiungere, andare avanti. Il tempo che meglio si adatta alla tecnica e all’economia è kronos: tempo logico-razionale, tempo che si estende su una retta infinita, tempo della strutturazione, tempo scandito. E’ il tempo del principio di efficienza: ciò che non è efficiente produzione è una “perdita di tempo” e in quanto tale va diminuito, ridotto al minimo. L’unico senso recuperabile in una strutturazione di questo tipo è quello dell’efficienza votata alla continua crescita.
Dal punto di vista umano il mito della crescita ha senso quando le condizioni in cui si vive sono la povertà, la privazione, la mancanza. Comincia ad essere obsoleto quando si nasce e si cresce in condizioni di abbondanza, di eccesso di beni: quale senso ha la crescita in una condizione umana di questo tipo? Ecco quindi la sensazione di espropriazione di senso rispetto alla regola dell’efficienza e all’adeguamento completo ai dettami di kronos.

Questo sistema “struttura” l’inconscio stesso delle persone che vivono nella nostra epoca (Galimberti, “i miti del nostro tempo”), tanto che sono in continua crescita le patologie legate alla dipendenza, all’addiction, al sè fragile. La forte prevalenza dei tempi di kronos mette le persone alla continua ricerca di altre cose da fare; il tentativo è quello di dover riempire tutti i vuoti con “di più”, qualsiasi cosa questo voglia dire. “Riempire vuoti” pare essere l’unica spinta ad agire, in un continuo tentativo di sfuggire alla possibilità di sentire che cosa sostare in questo vuoto provoca. Sentire è infatti parte di kairos, bandito in quanto “perdita di tempo”.

Anche il di-vertimento è parte di kairos: di-vertirsi ha dentro di sè una parte di divergenza rispetto al pre-visto, rispetto all’agenda, rispetto al tempo strutturato. Non c’è creatività, non c’è innovazione senza di-vertimento, di-vergenza; non c’è di-vergenza senza kairos, senza tradimento del sistema-mito economico-tecnico fondato su kronos.

D’altra parte già nel mito è quanto mai chiaro il legame “inversamente proporzionale” tra kronos e la possibilità generativa:


Crono era il più giovane dei Titani. Egli aiutò la madre a liberarsi di Urano che giaceva costantemente su di lei impedendo ai figli concepiti di uscire dal suo grembo. Crono evirò il padre con un falcetto fabbricato dalla Terra al proprio interno, gettò l'organo amputato nel mare e prese il posto di Urano alla guida del mondo. Crono scacciò i fratelli Ciclopi ed Ecatonchiri e li confinò nel Tartaro. In seguito sposò la sorella Rea, con la quale generò i principali dei del Pantheon greco. I genitori dei due però avevano predetto a Crono che sarebbe stato a sua volta detronizzato da uno dei suoi figli. Per evitare di perdere il potere così come era capitato a suo padre Urano (spodestato da Crono stesso), il dio prese a divorare i piccoli figli via via che Rea li partoriva. Questa partorì Demetra, Era, Estia, Ade e Poseidone, tutti divorati da Crono. Infine diede alla luce Zeus, il suo terzo figlio maschio, sul Monte Liceo, in Arcadia (o secondo altre versioni a Creta, dove era fuggita precedentemente) e dopo aver tuffato Zeus nel fiume Neda lo affidò alla madre Terra. A Crono invece era stata recapitata una pietra avvolta in fasce al posto di suo figlio Zeus.
Zeus, una volta cresciuto, somministrò a Crono un veleno che gli fece vomitare tutti i figli ingoiati; in seguito, dopo una guerra intrapresa insieme ai fratelli liberati, riuscì a vincere il padre, a rinchiuderlo e ad affidarlo alla custodia degli Ecatonchiri, per l'eternità. Zeus liberò successivamente anche i Ciclopi (giganti con un occhio solo) e gli Ecantochiri (mostri con cento braccia e cento gambe); in cambio i Ciclopi gli regalarono i fulmini, e lui scelse come dimora il più alto dei monti della Grecia: l'Olimpo.

In kronos risiede il dramma della ripetizione (sapeva che avrebbe fatto la stessa fine del padre per mano dei figli), che rassicura ma soffoca, inibisce nuove nascite, impedisce la generatività. D’altra parte kronos viene sconfitto da Rea quando lei si consente il tra-dimento (nel mito rappresentato con l’inganno della pietra) rispetta al sistema già sperimentato. Solo quando kronos viene tradito il mondo può nascere (non a caso è zeus il padre di tutti gli dei: quindi il più generativo della mitologia è colui il quale sconfigge kronos).TdS (3)

Scrivendovi mi viene in mente che tanti dei problemi che hanno oggi le aziende, le cose su cui non riescono a intervenire e per le quali ci chiedono aiuto sono i sintomi derivati del dominio di kronos su kairos: la perdita di senso, l’impoverimento dell’innovazione e della creatività, la mancanza di visioni di ampio respiro, la perdita degli aspetti emotivi (che impoveriscono drammaticamente la leadership)... ma non si possono sviluppare queste cose se non si resuscita kairos, che però significa tradire il sistema e la logica economica di fondo; significa lavorare sul proprio bisogno di compiacere l’altro, di avere “successo” nel sistema, di rinunciare al potere economico, fondato sul controllo e sulla promozione dell’efficienza. E’ questa quindi un’altra delle contraddizioni in cui le aziende sono inserite).
D’altra parte kronos è rassicurante, mette tranquilli: aprire a kairos significa aprire alla possibiltà di sentire qualcosa che “non si sa” che cosa potrà essere; essere liberi, sentire la gioia, la vita, ma anche l’angoscia, la morte. Aprire a kairos significa “entrare nel tempo” (e non uscire), vivere il qui ed ora, nascere nuovi.


Mariagrazia Fagioli (bagnante delle Terme del Sè).

Nessun commento:

Posta un commento