Ma la pensiamo come Amalia
"Sono un’atea, un’atea convinta non per motivazioni viscerali, ma per ragioni di ordine teologico, morale, economico, politico, storico. Sono convinta che libertà di stampa e libertà di satira sono sacrosante e irrinunciabili; e che l’assassinio è inaccettabile. Detto e ribadito con forza tutto questo, resto preoccupata per il fatto che neppure una vicenda della gravità di questa di Charlie Hebdo sembra poterci indurre ad essere un po’ più consapevoli di chi e come siamo noi occidentali. Anzi.
Fra le vignette di Charlie Hebdo che ho visto recita: “Il Corano è merda. Non ferma neppure le pallottole”. Proviamo a scrivere: “Il Vangelo è merda” . Non credo che un occidentale, neppure un ateo convinto come me, non avrebbe un sussulto nel leggere questa frase. Quell’ateo convinto avrebbe probabilmente un altro sussulto se vedesse un musulmano, che, con un maiale al guinzaglio, dichiara che intende entrare in S.Pietro, perché quello è il posto giusto per i maiali (V. dichiarazioni di intenti rese a suo tempo dall’on. Calderoli).
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Io sì, ho sussultato. Sono atea; ma non sono un’atea fanatica integralista e cerco di capire che cos’è la religione, anzi che cosa sono le religioni, per coloro che ci credono. Visioni ordinatrici del mondo, fondamento dei principi morali condivisi, ma anche nucleo e contenuto di memorie personali tra le più intime, le religioni saldano insieme pubblico e privato, individuo e gruppo, interiorità e appartenenza. Sono matrici delle identità e protagoniste delle storie in misura ragguardevole. Certo e per nostra fortuna in Occidente si può radicare la propria visione del mondo in altre logiche e costruire la propria moralità su valori non religiosi; si può sostanziare la propria identità e la propria appartenenza con altri contenuti e legami; e si può, si deve poter, criticare le religioni e le loro caste sacerdotali. E farne oggetto di satira. Sia nelle loro forme estreme, fanatiche, sia anche nelle loro forme quotidiane, non aggressive. Si può lavorare per creare un mondo ateo, se si crede, come è il mio caso, che ne valga la pena.Ma utilizzare il dileggio, l’insulto rozzo e pesante, il vocabolario escrementizio o postribolare per parlare di religioni, è un altra cosa. La nostra conclamata libertà di stampa consente di far uso di questi linguaggi per parlare della religione altrui (mai della nostra): ma non ci si dovrebbe stupire troppo se i credenti di quella religione, chiamati in causa, reagiscono. E, quali che siano gli interessi e le pressioni a scala internazionale, quali che siano le strumentalizzazioni politiche e propagandistiche che le loro reazioni subiscono da parte di poteri forti e poco visibili, resta comunque alla base dei comportamenti di coloro che reagiscono, l’offesa subita, l’insulto alla loro dignità e alla loro identità: e di conseguenza il desiderio di vendetta.
Non si contrasta il reclutamento dei foreign fighters scrivendo che il Corano è merda….Non si sdrammatizza, non si sgonfia la rabbia dei fanatici sostenendo che quello dei redattori di Charlie Hebdo è un vigliacco assassinio, mentre le centinaia, migliaia ormai di civili morti sotto i bombardamenti occidentali, sono solo dei side effects della benemerita politica di esportazione della democrazia.
Se chi ci governa (e non solo a Palazzo Chigi, ma a Bruxelles e a Washington ) ha deciso che l’Occidente si salverà soltanto sterminandoli tutti, bisogna spiegargli che non è semplicissimo sterminare un miliardo e seicento milioni di musulmani, si tratta – a dir poco – di un compito dall’esito incerto, che rischia di impegnare noi e le nostre risorse non per uno o due anni, ma per molti decenni e di lasciarci un pianeta devastato. Purtroppo, però, l’esperienza ci insegna che le ragioni per fare le guerre, i fabbricanti di armi e i fabbricanti di odio le trovano sempre: e il buon senso non è la dote che li distingue.
Non sono ottimista. Ma se mai per qualche inaspettato favore della sorte, in un attimo di rinsavimento si dovesse arrivare alla conclusione che lo sterminio è troppo costoso (per noi) e che malgrado il controllo sul petrolio da mantenere e l’espansione della Russia di Putin da contenere, malgrado ecc. ecc. ecc., non ci conviene uno stato di belligeranza permanente, allora, per riuscire a inventarci una strategia diversa, dovremmo forse coltivare un po’ di più, non dico l’autocritica, ma almeno l’autoconsapevolezza.